La farina potrebbe essere definita la regina della cucina per via del suo vasto utilizzo. Ma che cosa è la farina? La farina in cucina è il prodotto della macinazione di cereali, grano saraceno, quinoa, mais, legumi, amaranto e altre ancora. In questo articolo trattiamo la farina più classica e probabilmente ancora la più utilizzata: la farina di grano tenero e duro nelle sue sfaccettature.
Morfologia
Il grano o frumento è uno dei cereali più coltivati al mondo. Appartiene alle famiglie delle graminacee ed é caratterizzato dal culmo, detto anche fusto, costituito da nodi ed internodi la cui altezza si aggira intorno ai 60-80 cm. L’infiorescenza è una pannocchia spiniforme che per semplicità é chiamata spiga mentre il frutto che risiede all’interno della spiga é la cariosside o chicco. É proprio dalla macinatura delle cariossidi che si ottiene la farina.
Il frumento si distingue dal punto di vista agrario in:
- tenero (Triticum vulgaire) da cui si ottiene una farina adatta alla pasticceria e alla panificazione.
- duro (Triticum durum) da cui si ottiene la semola adatta sia alla panificazione che alla produzione di paste alimentari.
La cariosside ha una forma ovoidale, procedendo dal cuore verso l’esterno si distinguono:
- l’endosperma ovvero la porzione maggiore di colore dall’ambraceo al bianco. É ricco di amido e di proteine protagoniste nella formazione del glutine.
- il germe o embrione è una porzione relativamente piccola della cariosside contenente grassi, vitamine e sostanze azotate.
- la crusca é costituita da una serie di involucri esterni. É di colore scuro e contiene fibre ricche di cellulosa.
Una conoscenza puramente botanica della cariosside é utile per poter comprendere al meglio le differenze tra le farine di frumento che troviamo in commercio.
Industria molitoria
Il frumento viene raccolto, mietuto all’incirca nel mese di giugno. In fase di mietitura si ha la prima separazione delle cariossidi dal resto della pianta.
Lavorazioni e trattamenti
Una volta trasportate al mulino, subiscono diverse lavorazioni e trattamenti:
- Pre-pulitura mediante aspirazione o vagliatura.
- Stoccaggio in magazzini orizzontali o sili verticali idonei alla conservazione.
- Pulitura completa.
- Condizionamento cioè un operazione di umidificazione tramite acqua potabile. Questo procedimento facilita la separazione dell’endosperma dalla parte corticale e consente di mantenere sia la temperatura che il livello di umidità della cariosside durante la macinazione.
- Macinazione in due fasi. Fase 1: Rottura. Consiste nel rompere la cariosside e distaccare l’endosperma dalla parte corticale. La parte corticale alla fine di questa fase apparirà sotto forma di scaglie. In un secondo momento verranno rielaborate per poter separare gli eventuali frammenti di endoderma presenti. Questa fase viene svolta mediante dei cilindri rigati. Fase 2: Rimacina. Attraverso cilindri lisci si riducono le particelle di endosperma in sfarinati. A secondo del frumento utilizzato si produrrano farine o semole.
- Stoccaggio dello sfarinato.
- Miscelazione di diversi sfarinati.
- Stoccaggio del prodotto finito.
- Trasporto mediante carri cisterne.
Qualità della farina
La qualità della farina (da qui si intendono prodotti per panificazione) è dovuta alle caratteristiche chimico-fisiche delle cariosside. Le farine subiscono delle analisi di laboratorio per la loro caratterizzazione qualitativa. Queste analisi avvengono si basano sulla simulazione di lievitazione delle miscele e permettono di studiare i comportamenti degli impasti.
L’analisi più utilizzata e accredita per determinare le caratteristiche molitorie della farina di grano tenero è l’alveografo di Chopin. In cosa consiste questa analisi? Si crea un impasto di farina e acqua in soluzione salina, tutto standarizzato. A questo punto, dell’aria viene immessa nell’impasto in modo da produrre una bolla. Con questa tecnica si simula il processo di lievitazione. Da questa analisi ne scaturisce la forza W, la tenacità P e estensibilità dell’impasto L.
Classificazione della farina
Ci sono diverse classificazione della farina, dipendenti dai parametri che si utilizzano per suddetta classificazione.
Classificazione in base alle ceneri della farina di grano tenero
La classificazione più comune è quella in base alle ceneri, ossia del residuo che rimane dopo averla bruciata. Valori molto bassi di ceneri indicano farine ottenute prevalentemente da endosperma, mentre valori elevate indicano la presenza della zona corticale della cariosside.

Farina 0 – classificazione in base alle ceneri (Tabella)
Classificazione in base alla forza W della farina di grano tenero
Esiste anche la classificazione in base alla “forza” detta W (dall’inglese work) che si basa sui dati raccolti da un test standard eseguito sull’impasto. I risultati sono generalmente mostrati sotto forma di grafico P su L detto alveografo di Chopin. Non entriamo nel dettaglio perché questa classificazione è riportata per lo più nei sacchi da uso professionale mentre di rado è specificata come parametro nei sacchetti destinati ai supermercati. Se non dovesse essere presente questo parametro nei sacchetti della farina, si può sempre controllare la percentuale di proteine nella tabella dei valori nutrizionali. Più la percentuale è alta più la farina risulterà forte, ma, c’è un “ma”.
Le farine integrali hanno un alta percentuale di proteine che derivano sia dall’endosperma che dalla zona corticale. Sfortunatamente non tutte le proteine andranno a formare la maglia glutina in fase di lievitazione e in certi versi si sostituiscono al glutine. Questo comporta una lievitazione meno efficiente e quindi è sempre consigliato tagliare la farina intergale con la farina bianca con una proporzione di 2/3 bianca 1/3 integrale.
Schematizziamo ora la classificazione in base a W mentre lasciamo da parte l’utilizzo di P/L in questa trattazione a favore della semplicità:
- 90<W<160: farine deboli, con un basso contenuto proteico, ottime per la produzione di biscotti o frolle.
- 160<W<250: farine medie, usate generalmente per impasti diretti o brevi levitazioni.
- 250<W<310: farine forti, utilizzate in pasticceria ma anche per le panificazioni.
- 310<W<370: farine molto forti, adatte a lunghissime lievitazioni come ad esempio per il panettone, brioche o alcuni tipi di pane.
Classificazione delle semole derivate da grano duro
Per quanto riguarda le semole, ossia il macinato derivante dalla molitura del grano duro, si usa la seguente classificazione:
- semola: sfarinato granulare a spigolo vivo libero dalle impurità, ottenuto dalla macinazione del grano duro seguita da abburattamento (estrazione della crusca)
- semolato: sfarinato ottenuto dopo l’estrazione della semola, privo anch’esso dalle impurità.
- semola intergale: sfarinato granulare ad angolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione di grano duro.
- Farina di grano duro: unico sfarinato non granulare, ottenuto mediante macinazione e abburattamento del grano duro.
Composizione e calorie
La composizione della farina è caratterizzata per lo più da carboidrati. Si registra inoltre una discreta quantità di proteine fino a circa 10 g di proteine per 100 g di farina integrale (la più proteica fra tutte). I grassi sono leggermente più presenti nella farina integrale e si aggirano attorno 1 g di grassi per 100 g di farina. In alcune farine meno raffinate (inteso come grado di lavorazione) si riscontra anche la presenza di alcune vitamine e minerali.
La farina di tipo 00 o di tipo 0 fornisce circa 340 Kcal per 100 g di prodotto. La farina integrale di tipo 1 o di tipo 2 fornisce circa 310 Kcal per 100 g di prodotto.
Uso in cucina
In cucina c’è l’imbarazzo della scelta nell’uso della farina! La troviamo un pò ovunque: torte, prodotti lievitati, pasta fresca sia all’uovo che non (ad esempio gli gnocchi). La farina viene utilizzata anche per infarinare fettine o preparare una impanatura per verdure, formaggi, crema, olive all’ascolana … insomma, il classico fritto!
Un utilizzo a tutto tondo.
Come scegliere la farina
La scelta migliore è di preferire prodotti provenienti da mulini locali o regionali, meglio ancora se vantano una certificazione biologica o producono un macinato a pietra.
Tra le varie tipologie di farina andrebbe evitata la tipo 00, perché ultra raffinata e quindi povera di vitamine e proteine e dall’alto indice glicemico. Prodotti estremamente economici potrebbero addirittura subire dei processi di candeggiamento.
Alternativamente, consigliamo di utilizzare farine di tipo 0, sicuri di ottenere con eccellenti risultati con le nostre ricette.
Applicando le regole base di una sana alimentazione, è consigliabile variare tipologie di farine magari utilizzando anche farine derivanti da altri cereali o altri vegetali.
Conservazione
La farina va conservata in un ambiente fresco al riparo da fonti di calore. Al contempo non devono essere eccessivamente freddi dove subirebbe un arresto dell’attività enzimatica. Mentre, in luoghi troppo caldi tenderebbe a perdere la sua umidità compromettendo poi la facilità d’uso. Altra precauzione è quella di tenerla lontano a prodotti con forti odori. La farina si comporta da spugna e assorbirebbe tuti gli odori circostanti.
La soluzione ideale sarebbe di riporla in contenitori ermetici.
Curiosità
Nel corso della storia si trovano diversi riferimenti all’utilizzo degli sfarinati dagli Egizi. Sembra invece che i Romani acquisirono la conocienza del pane lievitato in seguito alla conquista della Grecia.
Grazie a studi effettuati da ricercatori dell’università di Firenze e Siena, si è venuti a conoscenza della presenza di sfarinati nel periodo Paleolitico (ovvero circa 32000 anni fa!). Tale testimonianza si fonda sul ritrovamento di un attrezzo presso alcuni scavi nel sito Grotta Paglicci nel Gargano. Dalle analisi si è scoperta la funzione di questo reperto: un pestello per macinare chicchi! Probabilmente una popolazione garganica raccoglieva chicchi di graminacee spontanee per poi macinarli e ricavare degli sfarinati.
Riferimenti
“Manuale di agricoltura” (Hoepli editore)
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